Diario di Viaggio alle Canarie (parte 3)
…continua da Parte 2, Fuerteventura.
Lanzarote
I viaggi sono belli ma sono anche stancanti e ammettiamo di esserci addormentati durante la traversata del mare che divide Fuerteventura da Lanzarote. La nave è bella, ha il wi-fi, ma soprattutto ha delle comodissime poltrone che ci fanno sprofondare in un sonno ristoratore. Attracchiamo a Playa Blanca e finalmente scendiamo nell’isola che più ci aveva affascinato leggendo le guide. Vedendo uscire il sole, scappiamo da questa cittadina ci mettiamo subito in marcia verso Punta del Papagayo. Le strade sterrate per raggiungere la spiaggia fanno faticare la nostra city-car e divertire noi, che saltelliamo e ridiamo. Arriviamo a Playa de las Mujeres, il sole splende nel cielo ancora per poco, vista l’ora, e qualcuno fa il bagno. Noi ci godiamo la spiaggia prendendo il sole, leggendo un po’ e facendo le parole crociate. Finalmente due orette di mare, rilassato e caldo. La spiaggia è bellissima, sabbia dorata e grandi scogliere ai lati, fanno di questo litorale uno dei più belli di tutta Lanzarote. Di fronte alla spiaggia, a una decina di chilometri di distanza si vede Fuerteventura e il sole, che sparisce proprio dietro il profilo dell’isola che abbiamo appena abbandonato. Se avessimo avuto il camper avremmo potuto passare la notte in questo splendido luogo e sarebbe stato fantastico. Dopo il tramonto del sole torniamo a Playa Blanca per comprare una cartina di Lanzarote e alcune cibarie, più che altro schifezze, che avrebbero fatto parte della nostra cena.
Il posto scelto per passare la nostra prima notte a Lanzarote è a Tinajo, sulle colline vicine al Timanfaya. La Finca (tenuta) Marisa è gestita da una famiglia di italiani gentilissimi, con tre bambini che rendono tutto ancora più divertente. Le camere sono pulitissime e fornite di ogni accessorio. Ci fanno scegliere una delle due stanze disponibili: optiamo per la camera più piccola che però ha il letto con il baldacchino, arredamento di stile quasi africano e la vasca idromassaggio.
Lanzarote, giorno 2
Il secondo giorno a Lanzarote lo dedichiamo alla più grande attrazione dell’isola: il Timanfaya, l’immenso parco vulcanico che l’architetto autoctono Cesar Manrique ha reso struttura turistica senza intaccare lo spirito dell’isola e senza compromettere l’ambiente. Lungo la strada per arrivare all’Islote de Hilario, c’è un pedaggio dove ci chiedono otto euro a testa. Parcheggiata l’auto all’Islote ci fanno salire su enormi pullman che portano i turisti a fare il giro del parco. Le stradine sono intagliate in mezzo alle colate laviche e non si può mai scendere. L’autista, però, è anche guida e si ferma nel posti più incredibili spiegando benissimo e in più lingue curiosità e dati di ciò che si sta guardando.
Ritornati all’Islote assistiamo a varie dimostrazioni di quanto la lava scorra vicino a dove mettiamo i piedi. Basta fare una buca del terreno con una pala e le pietre che terrete in mano saranno ustionanti. Gli addetti del parco, inoltre, mostrano come delle piante secche buttate in una buca di un metro e mezzo prendano fuoco a causa dell’elevata temperatura del terreno.
La parte più particolare è la visita alle cucine del ristorante che si trova proprio in cima dell’Islote: El Diablo. La carne e le patate sono cotte tramite il caldo che proviene da un enorme buco verso il centro della terra. Dopo qualche minuto sentirete il caldo anche attraverso le scarpe.
Usciti dal parco del Timanfaya, che consigliamo (sempre se non si vuole mangiare al ristorante) di visitare di prima mattina vista la grande affluenza di turisti, ci dirigiamo verso il centro per i visitatori a qualche chilometro dall’entrata del parco. La breve visita ci illustra molto sul Timanfaya, sui vulcani in generale delle Canarie e sulla serie di eruzioni che dal 1730 al 1736 distrusse mezza Lanzarote. Le guide sono veramente preparate e simpatiche: «Bambini non abbiate paura di sentire l’eruzione, è come sentire un concerto dei Metallica. Se non conoscete i Metallica chiedete ai vostri genitori perché non potete continuare a vivere senza».
Salutiamo il Timanfaya e iniziamo a risalire l’isola. Nella zona della Geria ammiriamo i vigneti di Lanzarote, scavati nella terra lavica e protetti da pietre. Sulla strada vediamo molte aziende vinicole, la maggior parte delle quali offrono anche visite guidate all’interno. Noi, però, non ci fermiamo e proseguiamo la strada verso Teguise, la vecchia capitale dell’isola. È un paesino tenuto benissimo, tutto bianco e pulito dal sapore un po’ hippy. Il sole è bello alto e illumina le case bianche e caratteristiche di Teguise. Mangiamo in un tavolino all’aperto presso La Cantina, dove prendiamo un buonissimo tagliere composto da varie prelibatezze tipiche e assaggiamo il vino locale: speciale. Mangiando, cerchiamo un posto dove passare la nostra seconda notte a Lanzarote. Prenotiamo presso El Cortijo Eco Finca, una tenuta nel nord dell’isola che sembrerebbe essere immersa nel nulla. Se non altro costava poco.
Dopo qualche chilometro all’interno di Lanzarote, ci ributtiamo verso la costa fermandoci a Caleta de Famara. Il sole, purtroppo, questa volta non ci assiste e, non appena ci sistemiamo in spiaggia, sparisce dietro le nuvole. La spiaggia è frequentata soprattutto dai surfisti che ci affascinano con le loro mosse, nonostante le onde non siano altissime. Appena il sole sparisce all’orizzonte andiamo alla ricerca della sistemazione prenotata qualche ora prima sull’app di Booking.com. Inizia l’ennesima avventura.
Il navigatore ci porta, come previsto, presso una casa in mezzo alla campagna tra Ye e Orzola. Arrivati sul posto, un italiano ci dice di andare a parlare con un certo Emilio. Appena lo vediamo, ci ricorda Beppe Grillo degli anni ’90. Al buio e illuminati solo dalla torcia dello smartphone di Emilio, quest’ultimo ci spiega che lui ha diversi appartamenti sull’isola. Dopo averci chiesto dove saremmo voluti andare l’indomani, ci manda nella casa più comoda per la nostra prossima destinazione: Orzola. Prima di salutarci ci mostra come trovare l’appartamento con Google Maps e ci fa vedere una foto dello stesso. Noi ringraziamo e poco prima di andarcene poniamo la domanda più banale che potessimo fare: e le chiavi? Emilio ride e ci spiega che le chiavi sono sul balcone dell’appartamento, che questa è la parte più sicura dell’isola e che non ci sono problemi di questo tipo. Senza nulla togliere a questa bellissima città, Orzola è la prima città losca che troviamo in tutta la vacanza. Trovata la casa e trovate le chiavi – dopo qualche apprensione di troppo –, entriamo, ci riposiamo e consumiamo una bella cenetta casalinga con alimenti casuali (non c’era la pasta) presi dall’unico mini-market aperto in giro.
Lanzarote, giorno 3
Da quando siamo arrivati alle Canarie, tutte le persone incontrate ci hanno consigliato di andare all’Isla Graciosa. In effetti, leggendo le guide, l’isoletta era già finita nel nostro mirino. La mattina a Orzola, località da dove parte il battello per l’isola minore, è nuvoloso. Fortunatamente, una volta arrivati a La Graciosa in cielo splende un bel sole. La traversata in battello è molto bella: attraversiamo El Rio, la striscia di mare che divide Lanzarote dall’arcipelago Chinijo. Le due isole, infatti, sono talmente vicine che il mare potrebbe essere benissimo un fiume. L’isoletta è un gioiellino naturalistico dove c’è un solo paese, Caleta de Sebo. Tutto il resto dell’isola si visita con fuoristrada, a piedi o in bici, mezzo che scegliamo per la nostra avventura. Filippo è un abile ciclista mentre Nadia ha imparato da poco e quindi l’avventura si fa ancora più divertente. Sedici chilometri di sterrato sotto il sole e già sentiamo la pelle bruciare. Ogni tanto ci fermiamo per far foto o per esplorare meglio il meraviglioso paesaggio. Alla fine ci fermiamo in una spiaggia che sembra disegnata sul versante nord-est dell’isola dove riusciamo a fare il primo, freddo, serio, completo bagno nell’oceano. La spiaggia, Playa del Ambar, non è segnalata su tutte le mappe ma è ben visibile lungo il sentiero da percorrere in bici. Mangiamo i panini presi in un bar del paesino principale dell’isoletta (ricordatevi che non avrete altre possibilità di comprare cibo e acqua se non a Caleta de Sebo) e ripartiamo con le nostre bici. Al ritorno la strada pende un pochettino tanto che Nadia inizia a mollare la passione per la bici. In discesa, poi, supera tutti e ride divertita: «La bici è strana: in salita la odi, in discesa ridi e ti diverti».
Ritornati in paese, riconsegniamo le bici e ci godiamo una meritata caňa (birra piccola) al sole, stanchi, affaticati, abbronzati e felici. Tornati sulla terra ferma – si fa per dire – di Lanzarote, ci dirigiamo in auto verso la capitale di Lanzarote. Città caotica e, purtroppo, poco curata, Arrecife sarà la nostra ultima meta di questo viaggio. L’indomani abbiamo l’aereo per tornare in Italia. Ad Arrefice alloggiamo in un bell’appartamento, proprio dietro a El Charco, porticciolo pedonale pieno di locali e tapas bar. L’appartamento è bellissimo, moderno e molto curato. È la nostra ultima sera alle Canarie e ci accorgiamo che non abbiamo ancora mangiato la paella. Certo, non è il principale piatto canario ma siamo sempre in Spagna. Dopo un giro completo dei locali del porticciolo, optiamo per l’unico tapas bar con la paella nel menu. Ovviamente, era finita. Con un litro di sangria nello stomaco andiamo a dormire felici e contenti.
L’ultimo giorno canario lo passiamo praticamente tutto in aeroporto. Dopo vari problemi per fare benzina, dopo aver riconsegnato la macchina e dopo aver imbarcato le valige, scopriamo che il nostro volo tarda due ore. Nell’attesa giriamo tutto l’aeroporto, compriamo semi di piante selvatiche, mangiamo, guardiamo le partite della Liga, compriamo peluches e finalmente imbarchiamo. Dopo circa quattro ore in compagnia di neonati urlanti, atterriamo a Milano che sono ormai le dieci di sera. Ritiriamo l’auto dal parcheggio e ci mettiamo in viaggio verso Genova con un po’ di sole canario ancora dentro.